E’ notizia di oggi che il governo si appresterebbe a varare una riforma della colpa medica che prevederebbe una radicale depenalizzazione della “responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario”, tanto per usare l’espressione contenuta nella rubrica dell’art. 590 sexies c.p.
Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha detto che: «agiremo per depenalizzare la responsabilità medica, tranne che per il dolo, e mantenendo solo quella civile».
L'esplosione del numero dei procedimenti penali che riguardano gli operatori del settore medico ha creato, da una parte, la moltiplicazione, in funzione difensiva, degli accertamenti diagnostici, dall’altra l’abbandono, da parte dei giovani medici, delle specializzazioni ritenute più esposte all’azione penale.
Relegando la responsabilità colposa medica nel recinto della sola responsabilità civile si potrebbe liberare l’attività medica dai suoi atteggiamenti auto-difensivi con conseguente riduzione dei costi della diagnostica e dei tempi di attesa per i pazienti.
In effetti l’attività medica comporta un elevato livello di pericolosità ma i rischi che essa comporta sono inevitabili perché volti alla conservazione della salute e della stessa vita; ne consegue che in un’area di rischio non solo “autorizzato”, ma "necessitato" i criteri per la valutazione della responsabilità per colpa siano necessariamente meno severi.
Anche l’imperizia e l’imprudenza, che connotano la colpa giuridicamente intesa, nel campo medico, assumono una colorazione del tutto peculiare: si pensi ad un chirurgo che per ragioni d’urgenza debba tentare un intervento mai in precedenza eseguito ed in relazione al quale sia effettivamente “imperito”, o a quante tecniche chirurgiche innovative siano state create direttamente al tavolo operatorio con totale e creativa “imprudenza”.
E’ di tutta evidenza la differenza tra il rischio assunto da un chirurgo d’urgenza e quello assunto dal gestore di un impianto di bungee jumping ed è conforme al buon senso che le eventuali responsabilità siano valutate con un metro radicalmente diverso.
Da questo punto di vista la creazione di una zona penalmente franca, volta a proteggere gli operatori sanitari, potrebbe essere una soluzione ragionevole e foriera di effetti positivi sul funzionamento del sistema sanitario.
Ma quale dovrebbe essere l’estensione di quest’area di impunità? Dovrebbe anche comprendere le condotte dannose connotate da negligenza?
E ancora: anche condotte gravissime, come quelle tenute da medici sostenitori di pratiche mediche eterodosse che sconsiglino cure salvavita ai loro pazienti e ne causino la morte, dovrebbero andare esenti da pena? (è recente il caso di un bambino marchigiano deceduto per una otite bilaterale non curata con antibiotici ma con pratiche omeopatiche).
Anche le morti di tante ragazze vittime di liposuzioni eseguite da chirurghi improvvisati dovrebbero sfuggire allo scrutinio del giudice penale?
Come si vede la materia è complessa e drammatica e soluzioni radicali e poco meditate potrebbero condurre a risultati aberranti e del tutto contrari al senso di giustizia.
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