Ripubblico una cosa che scrissi, anni fa, per gli Oratori del Giorno, la rivista diretta, al tempo, dall'ottimo Titta Madia Junior.
Mi sembra possa funzionare ancora, visto che le regole fondamentali del processo non sono cambiate.
In realtà si tratta di modesti consigli per avvocati seguaci del Tao ☯: mostrare il lato yin durante l'istruttoria e quello yang durante la discussione.
Nota: nel citare "Revel" mi riferisco a Luciano Revel, che è stato un'avvocato romano di straordinaria bravura e simpatia. Luciano Revel era stato allievo di Bruno Cassinelli.
"Nascondi la freccia"
(Dagli insegnamenti segreti dei cacciatori pigmei)
Ho iniziato la pratica professionale sotto l'imperio del vecchio codice; mi ero fatto una precisa idea del mestiere dell'avvocato guardando film americani.
Mi sembrava tutto chiaro: bisognava solamente sviluppare una diabolica tecnica di interrogatorio per prendere in castagna i testi mendaci, osare i bluff più arditi per scoperchiare sepolcri imbiancati e costringere i veri colpevoli a pubbliche e disperate confessioni.
Avrei dovuto usare il ragionamento come un bisturi ed il sarcasmo come una freccia avvelenata. Era tutto chiaro.
Poi vidi i Maestri.
Immobili, silenti, impenetrabili.
"... avvocato, ha domande?..."
"No grazie presidente..."; talvolta non rispondevano neanche ma si limitavano a sorridere e a scuotere lievemente la testa, come fossero dinanzi ad un'offerta cortese ma insensata.
Ma, maestri lo erano sul serio e le cause le vincevano per davvero, nel senso che, senza sforzo apparente, ottenevano tutto l'ottenibile: qui un'assoluzione, là una derubricazione o una pena ridotta all'osso.
Poi venne il nuovo codice e finalmente i pubblici ministeri scesero dagli scranni: la verità la si sarebbe, da quel momento in poi, distillata nel crogiuolo del contraddittorio reso incandescente dal fuoco della cross-examination.
E i Maestri?
"...avvocato tocca a lei contro-interrogare..."
"Grazie, nessuna domanda."
Mummie. Silenziosi più di prima.
Forse avevo capito. I bravi avvocati sono cacciatori, la loro è un'arte di agguato: se ne stanno immobili e zitti, bene al riparo, aspettando la preda, senza disturbarla, in attesa di colpirla con certezza, al cuore.
Anche le accuse hanno un cuore, ogni costruzione intellettuale ha un punto debole, un punto di minor resistenza che colpito può compromettere la stabilità dell'intero edificio.
Fulcanelli ci ha, imprudentemente, svelato il segreto dei Maestri Compagnoni: ogni cattedrale di Francia ha un punto speciale, una sorta di pulsante catastrofico che, pigiato anche da un bambino, causa la rovina del tempio.
Gli avvocati di gran mestiere questo punto segreto lo fiutano all'istante (certe volte guardando le carte un minuto prima dell'udienza) e durante l'istruttoria, silenziosamente, preparano e raccolgono gli argomenti a confutazione, le armi che useranno durante la discussione finale.
Tutto questo è connaturato al sistema giudiziario basato sulla presunzione di innocenza: al pubblico ministero incombe la fatica di costruire l'accusa e di puntellarla col materiale probatorio disponibile, alla difesa spetta il compito della critica demolitrice.
L'immagine dell'avvocato-geco, immobile in attesa della farfallina, non entusiasmerà i fautori della difesa investigativa, ma, anche nel clima accusatorio, la critica e la confutazione restano gli arnesi fondamentali del difensore avveduto.
La prova è pericolosa ed equivoca per natura e va maneggiata solo se strettamente necessario; ogni acquisizione può tramutarsi in strumento dell'accusa e i testimoni sono mine vaganti: quelli del pubblico ministero più li spremi meglio zampillano veleno, i tuoi, se balbettano e sono catatonici sono evidentemente mendaci, se sono svegli e precisi sono stati bene ammaestrati...
Un tempo mi domandavo: riuscirò mai a discutere come Revel?
Oggi, più modestamente, mi chiedo: imparerò mai a starmene zitto?
Saluti taoisti.
Condivido, apprezzo l'umiltà del penalista