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LA SCELTA DEL RITO: il risiko del processo penale

  • Immagine del redattore: Avv. Andrea Guidi
    Avv. Andrea Guidi
  • 2 giorni fa
  • Tempo di lettura: 7 min


NOTA: i suggerimenti che seguono non sono, ovviamente, diretti ai colleghi penalisti che ben sanno operare le scelte tattiche più convenienti per i loro assistiti, ma potrebbero essere utili, come una bussola molto approssimativa, per le persone che siano, loro malgrado, "utenti" del processo penale.


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     La fase del giudizio di merito, nel processo penale, è strutturata, di massima, in questo modo:

il Pubblico Ministero, titolare delle indagini preliminari, qualora non intenda chiedere l'archiviazione della notizia di reato, presenta al Giudice per l'udienza preliminare la richiesta per il rinvio a giudizio dell'imputato.


     Il Gup fissa l'udienza preliminare durante la quale prende conoscenza di tutti gli atti di indagine contenuti nel fascicolo del PM; quest'ultimo richiede il rinvio a giudizio dell'imputato; il difensore argomenta a sostegno della propria richiesta di non luogo a procedere (cioè di chiusura del processo), il Gup decide:


  • se ritiene che "sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, se il fatto non è previsto dalla legge come reato ovvero quando risulta che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere, indicandone la causa nel dispositivo". Il Gup pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche nel caso in cui gli elementi acquisiti non consentano di formulare una ragionevole previsione di condanna.


  • se, al contrario, non ritiene che siano presenti motivi di proscioglimento e ritiene che gli elementi raccolti dal PM possano portare, in dibattimento, ad una sentenza di condanna, emette il decreto che dispone il giudizio, giudizio che si svolgerà, a seconda della gravità del reato, dinanzi al Tribunale in composizione monocratica o collegiale o dinanzi alla Corte d'assise.


ATTENZIONE: in relazione ai reati meno gravi (v. art. 550 c.p.p.) il PM provvede alla citazione diretta dinanzi al Tribunale in composizione monocratica; il giudizio di fronte al Tribunale in composizione monocratica è preceduto dalla "udienza predibattimentale", che ha funzioni simili all'udienza preliminare (il processo dinanzi al Giudice di pace penale segue norme diverse).


     Il processo dinanzi al Tribunale (o alla Corte d'assise) si svolge nella forma del cd. "rito ordinario", una procedura complessa ed ultra-garantita così congegnata:


  • il Tribunale, al contrario del Gup, non sa nulla dei fatti e non può conoscere gli atti di indagine raccolti dal PM, acquisisce solo pochi atti, in genere caratterizzati dalla non ripetibilità; tutte le altre prove (testimonianze, perizie etc.) vengono acquisite "dal vivo", nel contraddittorio tra le parti;


  • il Tribunale decide sulla base delle prove formate nel dibattimento o legittimamente acquisite.


     Data la complessità, e la dispendiosità, del processo celebrato col rito ordinario, il codice di procedura contempla una serie di riti speciali, prevalentemente congegnati per semplificare le procedure e rendere più rapido il giudizio; tali procedure prevedono una compressione più o meno radicale delle garanzie difensive dell'imputato ma, a fronte di essa, offrono vantaggi che consistono, soprattutto, in sconti della pena. L'idea di fondo, invero discutibile, è: non fateci perdere tempo e verrete premiati.


     La scelta del rito è uno dei passaggi più difficili del processo penale e talvolta ha le caratteristiche di un vero e proprio risiko. Se spetta al difensore indicare all'imputato la via più conveniente o più prudente, la decisione ultima spetta all'imputato stesso, che, però, deve essere messo al corrente dei possibili benefici e dei rischi conseguenti alla scelta.


     In ultima analisi, si tratta di un giudizio prognostico di convenienza che ogni avvocato affronta secondo propri criteri, talvolta affidandosi anche alla interpretazione di "segnali" lanciati dal giudicante o a sensazioni dell'ultimo momento. Nonostante questo alcune linee razionali di valutazione possono essere delineate:



Giudizio ordinario


     Qualora si ritenga che sia necessario, per la migliore difesa dell'imputato, introdurre testimoni o consulenti, richiedere perizie o svolgere complesse attività istruttorie, l'unica via consentita è quella del giudizio ordinario, quale giudizio a "istruttoria piena" (il giudizio abbreviato consente solo scarne integrazioni probatorie, per di più, rimesse al buon cuore del Giudice). Naturalmente bisogna ritenere che sussista una rilevante probabilità di un esito positivo del giudizio (assoluzione, derubricazione o altri esiti processuali favorevoli) perché scegliere il giudizio ordinario significa rinunziare agli sconti di pena ed agli altri benefici offerti dai riti speciali con effetti "premiali".


     Anche il fattore tempo può essere rilevante, attesa la durata maggiore del processo nelle forme del rito ordinario. Ad esempio, la scelta può essere consigliabile qualora sia prossima la prescrizione del reato o nel caso che l'imputato abbia, comunque, l'esigenza di allontanare, nel tempo, l'amaro calice di una possibile sentenza di condanna.


     Ovviamente una rilevante probabilità di concessione della sospensione condizionale della pena rende la via del giudizio ordinario più serenamente percorribile.



Giudizio abbreviato (art. 438 e sgg. c.p.p.)


     Nel giudizio abbreviato l'imputato chiede di essere giudicato, sulla base degli atti raccolti durante le indagini preliminari dal Pubblico Ministero, direttamente dal Giudice per l'udienza preliminare o dal Giudice dell'udienza predibattimentale.


     In caso di richiesta di giudizio abbreviato, l'imputato non può sollevare le eccezioni relative alla competenza per territorio e quelle relative alla inutilizzabilità degli elementi di prova raccolti dal PM, fatta eccezione per le prove "vietate".


     L'imputato può subordinare la richiesta di giudizio abbreviato ad una modesta integrazione probatoria come l'audizione di un testimone o di un consulente (il Giudice ammette l'integrazione probatoria purché sia necessaria ai fini del decidere e compatibile con le finalità di accelerazione processuale proprie del rito).


     A fronte della scelta del rito abbreviato, l'eventuale pena irrogata all'imputato è diminuita di un terzo; l'imputato può proporre appello avverso la sentenza di condanna. Nel caso di mancata impugnazione della sentenza di condanna, la pena viene ridotta di un ulteriore sesto.


     Dato lo "sconto" di pena assicurato dal rito, questa via processuale può essere consigliabile nel caso di imputazioni relative a reati che comportino il rischio di condanna a pene molto elevate (ora non è più possibile ricorrere al giudizio abbreviato in relazione ad imputazioni che possano comportare la condanna all'ergastolo).


     Qualora gli elementi di prova raccolti dal PM siano deboli, la difesa dell'imputato può avere buon gioco nell'affrontare l'accusa sul terreno del giudizio abbreviato, evitando il rischio che le accuse siano meglio precisate e sostenute in sede dibattimentale (nel giudizio ordinario). Non meravigli il lessico duellistico: il giudizio penale, soprattutto nella sua attuale forma "accusatoria", ha natura agonistica e, in qualche modo, è una forma civilizzata del duello giudiziario in auge nel medioevo nord-europeo; questo significa che lo "scontro" processuale comporta scelte tattiche che considerino la forza dell'avversario (l'apparato probatorio a disposizione dell'accusa), quelle proprie della difesa e scelte relative al terreno di scontro più favorevole (la scelta del rito processuale più adatto alle circostanze).


     Si può ricorrere al rito abbreviato anche qualora si voglia evitare lo strepitus fori, in quanto il giudizio non viene celebrato in pubblica udienza ma viene celebrato, o si dovrebbe celebrare, nel segreto della camera di consiglio. La stessa scelta può essere opportuna quando sia interesse della difesa tenere sotto controllo la temperatura emotiva del giudizio, evitando, ad esempio, la deposizione, nel processo ordinario, della persona offesa dal reato.



Applicazione della pena su richiesta delle parti (art. 444 e sgg. c.p.p.)


     Nel cd. "patteggiamento" l'imputato, attraverso il proprio difensore, si accorda col PM per l'applicazione di una pena ritenuta conveniente; l'accordo deve però essere ratificato, con sentenza, dal Giudice per l'udienza preliminare o dal Giudice per l'udienza predibattimentale. Il Giudice potrebbe ravvisare cause di proscioglimento dell'imputato oppure ritenere la pena non conforme alla legge, o insufficiente, e rigettare la richiesta.


     Per gli avvocati il patteggiamento ha il sapore di una resa ignominiosa e vi ricorrono solo se costretti. Le controindicazioni sono la rinuncia alla possibilità di una pronuncia più favorevole e soprattutto il passaggio in giudicato quasi immediato (la sentenza è inappellabile ma ricorribile per cassazione).


     Tuttavia il ricorso a tale via processuale potrebbe essere opportuno, in caso di responsabilità patente, qualora si voglia essere sicuri della concessione della sospensione condizionale della pena (la richiesta di patteggiamento può essere subordinata alla concessione del beneficio) e per godere della misura premiale dello sconto di pena di un terzo prevista dalla norma.


     Altro vantaggio offerto dalla sentenza di patteggiamento, quando la pena irrogata non superi i due anni di pena detentiva, è che questa non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento né l'applicazione di pene accessorie e di misure di sicurezza, fatta eccezione della confisca. La sentenza non ha efficacia e non può essere utilizzata, a fini di prova, nei giudizi civili, disciplinari, tributari o amministrativi, compreso il giudizio per l'accertamento della responsabilità contabile. Con la sentenza che ratifica il patteggiamento il Giudice non può condannare l'imputato a risarcire la eventuale parte civile costituita - un vantaggio non certo da poco.



Giudizio direttissimo (art. 449 e sgg. c.p,p.)


     Il giudizio direttissimo riguarda gli imputati arrestati in flagranza di reato e può essere richiesto dal Pubblico Ministero, si tratta, in sostanza di un rito ordinario semplificato. L'imputato può chiedere la trasformazione del rito direttissimo in rito abbreviato o l'applicazione della pena su richiesta delle parti.



Giudizio immediato (art. 453 e sgg. c.p.p.)


     Il giudizio immediato è richiesto dal PM nel caso di evidenza della prova o quando l'imputato sia stato sottoposto a custodia cautelare.


     Nel giudizio immediato viene omessa l'udienza preliminare e l'imputato compare direttamente dinanzi al giudice competente per il giudizio ordinario; anche in questo caso l'imputato può chiedere la trasformazione del rito da immediato ad abbreviato o può chiedere l'applicazione della pena su richiesta delle parti.


     Il giudizio abbreviato può essere chiesto anche dall'imputato ma non si vede che interesse possa esserci a "saltare" l'udienza preliminare rinunciando alla possibilità, sia pure remota, di una pronuncia di non luogo a procedere.


     In un solo caso il ricorso al giudizio immediato da parte dell'imputato potrebbe essere giustificato: immaginiamo un personaggio di grande notorietà il cui rinvio a giudizio da parte del Gup appaia certo; per evitare questo passaggio, che di fronte all'opinione pubblica apparirebbe analogo ad una sentenza di condanna, potrebbe essere utile chiedere di comparire direttamente dinanzi al tribunale e mostrare, in tal modo, di non temere il giudizio.



Il procedimento per decreto (art. 459 e sgg. c.p.p.)


     Il procedimento per decreto è una bizzarra creazione giuridica che consiste nell'emissione di una sentenza di condanna senza previo processo per l'accertamento della responsabilità. La fase processuale si innesca solamente qualora l'imputato proponga opposizione avverso il decreto stesso. Il decreto penale può prevedere esclusivamente la condanna a pena pecuniaria.


     L'imputato può avere l'interesse di fare acquiescenza al decreto penale di condanna qualora la pena sia esigua, o sospesa, e non abbia interesse a coltivare il giudizio.



Sospensione del procedimento con messa alla prova (art. 464 bis e sgg. c.p.p. )


     L'istituto della messa alla prova ( v. art. 168 bis c.p.) è un procedimento speciale che consente all'imputato di un reato non grave di sospendere il processo penale a suo carico e di svolgere un programma di trattamento che prevede, tra le altre cose, lo svolgimento di lavoro di pubblica utilità e il risarcimento del danno. Il ricorso alla messa alla prova può essere molto conveniente per evitare, comunque, il rischio processuale ma vi si può ricorrere solamente una volta.


     La conclusione positiva della messa alla prova comporta l'estinzione del reato.







     


     











 
 
 

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