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TIBERIO INDAGA: una Garlasco nella Roma del 24 d.C.

  • Immagine del redattore: Avv. Andrea Guidi
    Avv. Andrea Guidi
  • 18 ore fa
  • Tempo di lettura: 2 min


L'interesse e la curiosità per misteri e delitti non riguarda solo noi moderni ma si tratta di una passione che non era estranea nemmeno ai nostri antenati romani.


La tragica morte di Apronia, nel 24 d.C., ebbe tale risonanza, anche per la statura dei personaggi coinvolti, che lo stesso Tacito ne riferì nel quarto libro degli Annales.


In quell'anno, Apronia, nobildonna moglie del Pretore Marco Plauzio Silvano morì cadendo da una finestra nel cuore della notte; sul posto accorse subito suo padre, il Senatore ed ex Console Lucio Apronio.


Apronio sospettò immediatamente un gesto omicidiario e condusse il genero, Marco Plauzio Silvano, direttamente dinanzi all'Imperatore Tiberio perché fosse giudicato. Il sospettato dichiarò che probabilmente la moglie si era suicidata mentre lui dormiva profondamente.


Tiberio, giudice scrupoloso, volle ispezionare personalmente il luogo del fatto. Sembra che, nella stanza, fossero evidenti le tracce di una violenta colluttazione e questo fu interpretato come la prova della responsabilità di Marco Plauzio che fu condotto in carcere. Probabilmente si tratta del primo sopralluogo sulla scena del crimine, documentato, della storia.


Marco Plauzio, vista la mala parata, provò, inutilmente, ad accusare la sua ex moglie, Fabia Numantina, di averlo stregato perché uccidesse Apronia (Fabia, in seguito, fu assolta dall'accusa di stregoneria dallo stesso Tiberio).


La situazione processuale del Pretore era evidentemente del tutto compromessa, tanto è vero che sua nonna paterna, la potente Urgulania, riuscì a fargli avere un pugnale col quale riuscì a suicidarsi , seppure con l'aiuto di uno schiavo.


Così Tacito, formidabile cronista di nera, sintetizza il fattaccio:


«Nel medesimo periodo il pretore Plauzio Silvano, per cause non accertate, gettò da una finestra la moglie Apronia. Tratto dal suocero L. Apronio alla presenza di Cesare, rispose in modo confuso, narrando che la moglie si era uccisa di sua volontà mentre egli dormiva e quindi nulla sapeva. Senza indugio, Tiberio si reca nella casa di lui e visita la camera, in cui si vedevano tracce della resistenza di lei e della violenza usatale. Ne riferisce al senato, si nominano i giudici: allora Urgulania, ava di Silvano, mandò al nipote un pugnale. Si pensò che lo avesse fatto per consiglio di Cesare stesso, data l’amicizia tra Augusta [Livia Drusilla, moglie di Ottaviano Augusto e madre di Tiberio] ed Urgulania. Il colpevole, dopo inutili tentativi per colpirsi, si fece recidere le vene. Poco dopo la prima moglie di lui, Numantina, fu accusata di aver provocato la follia del marito per mezzo di sortilegi e di filtri; ma venne dichiarata innocente.»

(Tacito, Annales, IV, 22)


Forse i cantori del Grand Guignol garlaschiano dovrebbero prendere nota.










 
 
 
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