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  • Dott.ssa Greta Mastrantonio

ILLECITI IN MATERIA ALIMENTARE: la legge 283 del 1962 e l’intervento della c.d. "riforma Cartabia"


Con l’art. 70 del decreto legislativo n. 150 del 2022 (c.d. riforma Cartabia), il legislatore ha

introdotto una nuova procedura estintiva delle contravvenzioni alimentari, regolata ai nuovi articoli 12 ter e ss. della legge n. 283 del 1962.


La novità coinvolge la materia della sicurezza alimentare, regolata anzitutto dal diritto

dell’Unione Europea, essendo, la libera circolazione di cibi sicuri e sani, fondamentale per il

mercato interno, e la definizione di standard minimi cui i produttori di alimenti devono attenersi di primaria importanza per la tutela della salute pubblica.


Per queste ragioni, la politica europea sul tema riguarda l’intera filiera alimentare, “dal produttore al consumatore”: dalla produzione primaria, alle condizioni igieniche nella trasformazione alimentare, all’imballaggio ed etichettatura fino ai controlli ufficiali sulla conformità alla sicurezza alimentare, sottoponendo ciascuna fase a controlli rigorosi, coinvolgenti anche i prodotti provenienti da paesi terzi, che devono rispettare le stesse norme di quelli prodotti all’interno dell’Unione (1) .


Gli articoli 168 (salute pubblica) e 169 (protezione dei consumatori) del trattato sul

funzionamento dell’Unione Europea costituiscono la disciplina base della materia che, a livello di diritto derivato, è regolata da un pacchetto di cinque regolamenti (Reg. CE 178/2002, il Reg. CE 852/2004, il Reg. CE 853/2004, il Reg. CE 854/2004, il Reg. CE 882/2004), il c.d. “pacchetto igiene”, cui si è aggiunto, di recente, il Reg. UE 625/2017, attraverso i quali il legislatore sovranazionale ha provveduto ad abrogare i pregressi atti di natura “verticale” che, cioè,  normavano, ognuno, una singola tipologia di prodotti ed a sostituirli con atti normativi di natura “orizzontale” applicabili, invece, con le dovute eccezioni, alla totalità dei prodotti alimentari, così da creare un testo legislativo unitario (2) .


Tuttavia il nostro Paese, già prima dell’intervento comunitario, regolava ampiamente la materia: la prima legge in materia risale al 1888, la n. 5849 “Tutela dell’Igiene e della Sanità pubblica”, in occasione della quale venne istituito, presso ogni provincia, il Servizio Pubblico Veterinario con il compito di eseguire ispezioni nei macelli e negli spacci di carne dei Comuni particolarmente ricchi di bestiame (3).


A tale legge fecero seguito molti altri interventi normativi (4) che, se crearono un quadro legislativo interno solido e all’avanguardia, resero più complesso l’adattamento del medesimo agli interventi normativi comunitari, soprattutto in ambito penale: sebbene quest’ultima sia materia gelosamente sottratta alla sovranità europea, in virtù della riserva di legge statale prevista all’art. 25 Cost., il legislatore interno è tenuto ad interpretare la norma penale che insista su materie di interesse anche europeo, come quella in esame, tenendo conto della ratio e dei principi ricavabili dalla legislazione comunitaria.


Al di là dei reati previsti dal codice penale, la materia è regolata dalle fattispecie contravvenzionali disciplinate dalla l. 283 del 1962.


A riguardo va sottolineato come l’art. 18 del d.lgs. n. 27 del 2021 aveva stabilito l’abrogazione delle medesime a partire dal 26 marzo dello stesso anno, senza, tuttavia, introdurre nessun illecito amministrativo corrispondente, come richiesto dal Considerando n. 90 del citato Regolamento Ue (volto alla previsione di sanzioni «effettive, dissuasive e proporzionate» alle infrazioni delle norme di «filiera agroalimentare»).


Per evitare, tuttavia, che tale intervento normativo determinasse la sottrazione di condotte, relative a settori rilevanti della produzione e della vendita di alimenti e bevande, alla tutela sanzionatoria penale e amministrativa, e, quindi, uno scadimento della tutela dei consumatori, il legislatore, con il d .l. 42 del 2021, convertito in legge dalla l. 71/2021, ha rimediato, evitando la depenalizzazione, attraverso l’interpolazione dell’art. 18 del d.lgs. 27/2021 (5).


Del resto, come sottolineato anche dall’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, nella Relazione del 17/3/2021, il d.lgs. 117/2019, all’art.12, c. 3, lett a), prevedeva soltanto la possibilità di “adeguare e raccordare le disposizioni nazionali vigenti alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625, con abrogazione espressa delle norme nazionali incompatibili e mediante coordinamento e riordino di quelle residue” e, alla lett. i), conferiva al Governo il solo potere di “ridefinire il sistema sanzionatorio per la violazione delle disposizioni del regolamento 2017/625 attraverso la previsione di sanzioni amministrative efficaci, dissuasive, proporzionate alla gravità delle violazioni medesime”: secondo la Suprema Corte, la legge n. 283 del 1962 non si pone affatto in posizione di incompatibilità con le norme (procedurali) del regolamento (UE) 2017/625 e "non si rinviene alcuna situazione di oggettiva incertezza nella ricostruzione del coerente significato dei suesposti criteri e principi direttivi tali da giustificare, nella fase attuativa, qualche forma di discrezionalità spettante al Governo nella fase di attuazione della delega" (6).


Come detto, dunque, l’art. 70 d.lgs. n. 150 del 2022 con gli artt. 12 ter - 12quater - 12 quinquies - 12 sexies - 12 septies - 12 octies - 12 novies l. 283 del 1962, ha esteso alle contravvenzioni alimentari previste dalla predetta legge, e a quelle in materia di igiene, produzione, tracciabilità e vendita di alimenti e bevande contenute in altri provvedimenti legislativi, la procedura estintiva di tipo prescrittivo-ingiunzionale già sperimentata in altri settori dell’ordinamento penale, quali la materia di sicurezza e igiene sul lavoro (7), e la disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale, prevista dagli artt. 318-bis e ss. Tua.: sebbene la procedura in esame presenti delle peculiarità rispetto a quella sperimentata in questi ultimi settori, in particolare preveda la possibilità di prestare lavoro di pubblica utilità in alternativa al pagamento, l’elaborazione dogmatica e giurisprudenziale relativa agli stessi potrà essere fonte di indicazioni

esegetiche utili ai fini dell’analisi di questo intervento di riforma.


Operante nella fase delle indagini preliminari e destinata a fondare la richiesta di archiviazione del pubblico ministero, la nuova procedura comporta l’estinzione del reato attraverso l’adempimento di una prescrizione volta a stimolare il “ravvedimento operoso” del contravventore e il successivo pagamento, da parte di quest’ultimo, di una somma a titolo di sanzione (8).


Alle origini di tale meccanismo vi è la previsione di cui all’art. 10 d.d.l. 2435 del 13.3.2020 (a firma del Ministro Bonafede) che, alla lett. a), prevedeva l’introduzione di “una causa di estinzione delle contravvenzioni destinata a operare nella fase delle indagini preliminari, per effetto del tempestivo adempimento di apposite prescrizioni impartite dall’organo accertatore e del pagamento di una somma di denaro determinata in una frazione del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa” (9).


Con il comma 23 dell’art. 1 della l. 134/2021, il Parlamento incaricava, poi, il legislatore

delegato di: "prevedere una causa di estinzione delle contravvenzioni destinata a operare nella fase delle indagini preliminari, per effetto del tempestivo adempimento di apposite prescrizioni impartite dall'organo accertatore e del pagamento di una somma di denaro determinata in una frazione del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa; prevedere la possibilità della prestazione di lavoro di pubblica utilità in alternativa al pagamento della somma di denaro; prevedere la possibilità di attenuazione della pena nel caso di adempimento tardivo; individuare le contravvenzioni per le quali consentire l'accesso alla causa di estinzione di cui alla lettera a) tra quelle suscettibili di elisione del danno o del pericolo mediante condotte ripristinatorie o risarcitorie, salvo che concorrano con delitti".


Se, dunque, al legislatore delegato veniva indicato un modello di riferimento nella delineazione della procedura da introdurre nonché la natura degli illeciti cui applicare tale meccanismo estintivo, il Parlamento non individuava un settore esclusivo in cui impiegarlo: la scelta della sicurezza alimentare quale ambito di applicazione della predetta procedura deriva, quindi, da una scelta del legislatore delegato, motivata sulla base di esigenze di semplificazione e deflattive (10): nella relazione illustrativa, quest’ultimo ha sottolineato da un lato, come la frequente contestazione degli illeciti alimentari determini “un significativo impatto sull’attività giudiziaria”, dall’altro che l’esistenza di autorità di vigilanza specializzate costituisce “premessa indispensabile per il successo della procedura amministrativa che porta a prescrivere condotte ripristinatorie/risarcitorie al fine dell’estinzione del reato” (11) .

Quanto alla qualificazione giuridica dell’istituto, affine all’oblazione di cui all’art. 162 bis c.p. (12), la tesi maggioritaria ritiene esso integri una condizione di procedibilità: l’espletamento di tutte le fasi della sequenza procedimentale rappresenterebbe, quindi, condizione necessaria per l’esercizio dell’azione penale in difetto del quale il giudice sarebbe chiamato a pronunciare sentenza ex art. 129 c.p.p. (13).


Venendo più specificamente agli articoli introdotti, in relazione all’ambito applicativo del nuovo meccanismo, l’art. 12 ter stabilisce, preliminarmente, che la procedura si applica alle contravvenzioni previste dalla l. 283/1962 e “da altre disposizioni aventi forza di legge, in materia di igiene, produzione, tracciabilità e vendita di alimenti e bevande”.


Se il richiamo alla legge 283 del 1962 non pone alcun dubbio, il rinvio alle ulteriori disposizioni aventi forza di legge in materia appare piuttosto ampio e generico: nella Relazione illustrativa il legislatore delegato ha esplicitamente affermato che “tale tecnica consente di valorizzare maggiormente la nuova causa estintiva, evitando al contempo irragionevoli esclusioni nell’ambito della disciplina penale in materia di igiene, produzione, tracciabilità e vendita di alimenti e bevande, dislocata in una pluralità di provvedimenti normativi” (14), delegando dunque alla prassi il compito di individuare “casisticamente” gli atti cui potrà applicarsi tale meccanismo, ispirandosi espressamente all’art. 301 d.lgs. n. 81/2008, in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro, che pure opera analogo rinvio per materia (15) .


Ancora, il legislatore, in ossequio ai criteri direttivi contenuti nella legge-delega, prescrive che l’istituto sia applicabile solo alle contravvenzioni “che hanno cagionato un danno o un pericolo suscettibile di elisione mediante condotte ripristinatorie o risarcitorie”, specificando, nella Relazione illustrativa, come ciò sia “conforme al criterio di delega” e richieda “all’organo

accertatore di compiere un tipo di valutazione analoga, metodologicamente, a quella richiesta per le contravvenzioni in materia ambientale dall’art. 318 bis d.lgs. n. 152/2006”; facendo comunque salvo, all’ultimo comma, l’intervento del Pubblico Ministero.


La prima parte del periodo integra, in realtà, un requisito di estinguibilità assente nella disciplina della sicurezza e dell’igiene sul lavoro e apparentemente antitetico a quello previsto dall’art. 318-bis Tua, che subordina la possibile estinzione delle contravvenzioni ambientali, non già alla presenza, ma all’assenza di un “danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette".


Si tratta di un requisito suscettibile di porre problemi di compatibilità con il settore punitivo-alimentare, e la cui interpretazione dipende dalla natura che si intende attribuire ai reati previsti all’interno della l. 283 del 1962.


Occorre, infatti, preliminarmente aderire all’orientamento dottrinale che ritiene che il discrimine tra le fattispecie di reato in materia alimentare previste nel codice penale e le contravvenzioni in esame non sia la natura di pericolo presunto di queste ultime e di pericolo concreto ed attuale delle prime, quanto la diversa dimensione offensiva delle medesime, “particolare” nel caso delle fattispecie contravvenzionali, dunque le conseguenze pericolose arrecabili ad un “singolo individuo” o da una “cerchia ristretta di persone”, “generale e collettiva” nel caso dei delitti disciplinati dal codice penale, la cui offensività si caratterizza per la determinazione di un rischio latente e diffuso per la salute pubblica e dalla probabilità di processi patologici futuri.


In conseguenza di ciò, avuto riguardo al metodo utilizzato in relazione alla disciplina di cui agli artt. 318-bis e ss. Tua, nonché per evitare un’interpretatio abrogans del requisito, potrebbe ipotizzarsi il necessario riferimento a “un danno o un pericolo concreto e attuale" (art. 318-bis co. 1 Tua), la cui possibile rimozione debba essere verificata a cura dell’organo accertatore: interpretazione che troverebbe conferma nel riferimento alle conseguenze dannose o pericolose della condotta illecita (art. 12-ter co. 2), quali veri e propri esiti lesivi da apprezzarsi sul piano concreto (16).


In ossequio alle prescrizioni impartite nel disegno di legge, all’art. 1 co. 3 l. 134, cit., il

legislatore delegato ha, poi, previsto che il meccanismo estintivo non si applichi nel caso in cui le contravvenzioni concorrano con uno o più delitti (art. 12-ter co. 1).


L’articolo 12 ter prosegue affermando che tale istituto si applica alle contravvenzioni “per le quali sia prevista la pena della sola ammenda, ovvero la pena dell’ammenda, alternativa o

congiunta a quella dell’arresto”: l’inclusione delle contravvenzione a c.d. pena congiunta non ha precedenti (17) e, nella Relazione illustrativa, viene giustificata con il fatto che avendo la legge delega subordinato l’estinzione del reato al pagamento di una somma di denaro determinata in una frazione del massimo del'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa, “nel fare riferimento all’ammenda prevista per il reato commesso“ si limita a richiedere che la contravvenzione di cui si tratti sia punita con la pena edittale dell’ammenda - rilevante quale parametro d’individuazione della somma da pagare in sede amministrativa - senza escludere l’ipotesi della comminatoria congiunta dell’arresto” (18).


Il comma 2 dell’art. 12 ter, stabilisce che “per consentire l’estinzione della contravvenzione ed eliderne le conseguenze dannose o pericolose, l’organo accertatore, nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all’articolo 55 del codice di procedura penale, ovvero la polizia giudiziaria impartisce al contravventore un’apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario e comunque non superiore a sei mesi”.


Il comma 4 consente all'organo accertatore di imporre, “anche con riferimento al contesto

produttivo, organizzativo, commerciale o comunque di lavoro, specifiche misure atte a far

cessare situazioni di pericolo ovvero la prosecuzione di attività potenzialmente pericolose

per la sicurezza, l’igiene alimentare e la salute pubblica”.


L’iniziativa è, dunque, demandata all’organo accertatore (19), sul quale insiste il compito di impartire al contravventore (20) la prescrizione e verificarne l’adempimento: inerendo tale

attività all’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all’art. 55 Cpp, il comma 5

dell’art. 12 ter prescrive che l’organo accertatore, venuto a conoscenza di un reato

procedibile d’ufficio, dovrà darne tempestiva comunicazione alla Procura della Repubblica

ai sensi dell’art. 347 Cpp; oltre a trasmettere a quest’ultima il verbale con cui sono state

impartite le prescrizioni, anche al fine di consentire al Pubblico ministero l’esercizio del

potere sancito al comma 6 del medesimo articolo, consistente nella facoltà, qualora lo

ritenga necessario, di disporre con decreto che l’organo che ha impartito le prescrizioni

apporti modifiche alle stesse.


Il comma 3, con riferimento ai contesti imprenditoriali, afferma che “copia della

prescrizione è notificata o comunicata anche al rappresentante legale dell'ente nell'ambito o al servizio del quale opera il contravventore”.


L’art. 12 quater afferma che “entro trenta giorni dalla scadenza del termine fissato,

l'organo che ha impartito le prescrizioni verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati nella prescrizione”.


Quando la prescrizione è adempiuta, l'organo accertatore ammette il contravventore a

pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari ad un sesto

del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa, ai fini

dell'estinzione del reato, destinata all'entrata del bilancio dello Stato.


Al più tardi entro sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato per il pagamento,

l'organo accertatore comunica al pubblico ministero l'adempimento della prescrizione

nonché il pagamento della somma di denaro.


Quando la prescrizione non è adempiuta, o la somma di denaro non è stata pagata,

l’organo accertatore ne dà comunicazione al pubblico ministero e al contravventore entro e

non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella stessa prescrizione”.


Dunque la verifica dell’adempimento deve avvenire da parte dell’organo accertatore,

nell’ambito di una procedura modellata su quella prevista agli artt. 21 d.lgs. n. 758/1994 e

318 quater d.lgs. n. 152/2006, ma caratterizzata dall’accelerazione: il termine per la

verifica dell’adempimento delle prescrizioni, di cui al comma 1, viene, infatti, ridotto da

sessanta a trenta giorni, così come quello del comma 3 che, rispetto allo schema ordinario, viene dimezzato – da 120 a 60 giorni – e del comma 4 - da 90 a 60 giorni- proprio per “imprimere maggior celerità al procedimento, in linea con gli obiettivi di riduzione dei tempi processuali, propri della legge delega” (21) .


L’art. 12 sexies continua affermando che “se il pubblico ministero prende notizia di una

contravvenzione di propria iniziativa, ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o

incaricati di un pubblico servizio diversi dall'organo accertatore e dalla polizia giudiziaria,

ne dà comunicazione all’organo accertatore o alla polizia giudiziaria affinché provvedano

agli adempimenti di cui agli articoli 12-ter e 12-quater".


Nel caso previsto dal primo comma, l'organo accertatore o la polizia giudiziaria informano

il pubblico ministero della propria attività senza ritardo e, comunque, non oltre sessanta

giorni dalla data in cui hanno ricevuto comunicazione della notizia di reato dal pubblico

ministero.


Tale previsione normativa, che riprende la disciplina prevista in materia di sicurezza sul

lavoro nonché in materia ambientale, tende a preservare la figura dell’organo accertatore

quale soggetto inderogabilmente incaricato di impartire le prescrizioni e controllare il loro

adempimento, ma lascia insolute due ipotesi: il caso in cui il p.m. eserciti l’azione penale

senza aver richiesto alla polizia giudiziaria di emanare la prescrizione e quello in cui vi sia

un disaccordo tra la p.g. e il p.m. circa il dovere di procedere in tal senso: la dottrina tende

a risolvere il primo problema ritenendo improcedibile l’azione penale, il secondo facendo

prevalere le direttive impartite dalla pubblica accusa.


In adempimento del criterio di delega - di cui all’art. 1 co. 23 lett. a, l. 134 - l’art. 12

quinques costituisce la vera novità, in quanto consente al contravventore che sia

impossibilitato, a causa delle proprie - comprovate (22) - condizioni economiche e

patrimoniali, a pagare la somma di denaro, di chiedere al Pubblico Ministero di svolgere in

alternativa lavoro di pubblica utilità presso lo Stato, le Regioni, le Città metropolitane, le

Province, i Comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato.


La richiesta deve essere comunicata dal contravventore anche all’organo accertatore

e, insieme alla richiesta, il comma 2 prescrive che sia depositata anche la manifestazione

di consenso dell’ente individuato per lo svolgimento dei lavori, non quale requisito di

ammissibilità, ma solo a titolo di adempimento volto a velocizzare la procedura.


L’ammissione allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, in luogo del pagamento

della somma di denaro, viene decisa con decreto dal pubblico Ministero: come sottolineato anche nella Relazione Illustrativa, si tratta di una novità significativa, in quanto,

l’applicazione di figure analoghe (si pensi a titolo di esempio alla sanzione sostitutiva di

una “pena detentiva breve”) viene demandata all’autorità giurisdizionale e che in questo

caso risulta pienamente in linea con il potere direttivo assegnato al PM lungo tutta la

procedura.


Nel decreto di ammissione, che deve essere notificato al contravventore e comunicato

all’organo accertatore, nonché all’autorità di pubblica sicurezza incaricata di controllare

l’effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, devono essere specificate la durata e il

termine per iniziare e per concludere il lavoro di pubblica utilità.


“Il lavoro di pubblica utilità non può avere durata superiore a sei mesi. L'attività viene

svolta di regola nell'ambito della regione in cui risiede il contravventore e comporta la

prestazione di non più di sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi

che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del

contravventore. Tuttavia, se il contravventore lo richiede, il pubblico ministero può

ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore. La durata

giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare le otto ore”.

La norma prevede altresì il criterio di ragguaglio tra sanzione pecuniaria e sanzione

“sostitutiva” (23) .


Il comma 5 dell’art. 12 quinques, stabilisce che il il controllo sull’osservanza degli

obblighi connessi allo svolgimento dei lavori è affidato all’ “ufficio di pubblica sicurezza” o,

in mancanza, all’Arma dei Carabinieri territorialmente competente che, ai sensi del comma

6, dovranno, entro sessanta giorni dalla scadenza del termine previsto per la conclusione

del lavoro di pubblica utilità, comunicare all’organo accertatore e al pubblico ministero

l’avvenuto svolgimento o meno dell’attività lavorativa.


L’ultimo comma del medesimo articolo consente, infine al contravventore di interrompere in ogni momento la prestazione del lavoro di pubblica utilità pagando una somma di denaro pari a un sesto del massimo dell’ammenda prevista per la contravvenzione, dedotta la somma relativa all’attività di lavoro effettivamente svolta; in tal caso il contravventore attesta l’avvenuto pagamento all’organo accertatore e all’autorità incaricata dei controlli sullo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, che ne dà immediata comunicazione al pubblico ministero.


Si tratta di una facoltà rimessa interamente alla discrezionalità del contravventore,

sottoposta solo ad un controllo postumo dell’autorità giudiziaria, attraverso la valutazione

di quest’ultima circa l’eventuale successiva richiesta di archiviazione del Pm.


L’art. 12 septies precisa, inoltre, che il procedimento penale è sospeso nel periodo di tempo necessario alla conclusione della procedura estintiva del reato: si tratta di una previsione volta ad evitare il decorso della prescrizione del reato (anch’essa sospesa ex art. 159 Cp) durante il tempo necessario ad ultimare la procedura che diventa, a questo punto, parte integrante della dinamica processuale.


Il dies a quo della sospensione decorre dal momento dell'iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all'articolo 335 del codice di procedura penale, il dies ad quem è, invece, quello della comunicazione di adempimento (o inadempimento) effettuata dall’organo

accertatore al pubblico ministero.


Nel caso in cui il contravventore sia stato ammesso al beneficio della sanzione sostitutiva dei lavori di pubblica utilità, il termine finale coincide, invece, con la comunicazione di avvenuto svolgimento (o meno) dell’attività (art. 12- septies co. 6), oppure con l’informativa della loro interruzione e del conseguente pagamento della corrispondente somma residua a titolo di “sanzione” (art. 12-septies co. 7).


Qualora invece si versi in una delle ipotesi previste dall’art. 12 sexies, il dies ad quem

coincide con il momento in cui l'organo accertatore ovvero la polizia giudiziaria informano il

pubblico ministero che non ritengono di dover impartire una prescrizione, “e comunque

alla scadenza del termine di cui all'articolo 12-sexies, secondo comma, se l'organo

accertatore o la polizia giudiziaria omettono di informare il pubblico ministero delle proprie

determinazioni inerenti alla prescrizione”.


“Qualora nel predetto termine l'organo accertatore o la polizia giudiziaria informino il

pubblico ministero d'aver impartito una prescrizione, il procedimento rimane sospeso fino al termine indicato dal primo comma del presente articolo”.


La sospensione del procedimento non preclude la richiesta di archiviazione, che, nel

caso in cui venga accolta dal gip, comporta l’inefficacia della prescrizione impartita o

l’interruzione dell’esecuzione del lavoro di pubblica utilità; nel caso di ordinanza volta alla

formulazione dell’imputazione si ritiene comporti la necessità di ultimazione del meccanismo estintivo per orientare le scelte del pm circa l’esercizio dell’azione penale (24): si

tratta di previsione confermata all’ultimo comma del medesimo articolo, ove il legislatore

ha precisato che la richiesta di archiviazione sospende l’esecuzione del lavoro di pubblica

utilità fino al pronunciamento del gip.


La sospensione non impedisce, altresì, l'assunzione delle prove con incidente probatorio,

né gli atti urgenti di indagine preliminare, né il sequestro preventivo ai sensi degli articoli

321 e seguenti del codice di procedura penale, al fine di salvaguardare la completezza

delle indagini.


L’art. 12 octies afferma che “la contravvenzione si estingue se il contravventore adempie

alla prescrizione impartita dall'organo accertatore o dalla polizia giudiziaria nel termine ivi

fissato e provvede al pagamento previsto dall'articolo 12-quater, secondo comma, ovvero

presta il lavoro di pubblica utilità nei modi e nei termini stabiliti dall’articolo 12-quinquies.

Il pubblico ministero richiede l'archiviazione se la contravvenzione è estinta ai sensi del

primo comma".


L’art. 12 nonies, riprendendo in parte l’omologa disciplina prevista in materia di

sicurezza sul lavoro, attribuisce, tuttavia, una qualche efficacia all’adempimento tardivo o

comunque irrituale: in quest’ultimo caso, “prima dell’apertura del dibattimento, ovvero

prima del decreto di condanna, l'adempimento di cui al comma che precede, ovvero

l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con

modalità diverse da quelle indicate dall'organo accertatore, sono valutati ai fini

dell'applicazione dell'articolo 162-bis del codice penale. In tal caso, la somma da versare è ridotta a un quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa”; nel caso di adempimento tardivo, introduce una circostanza attenuante ad effetto comune, innovando rispetto alle ipotesi estintive contemplate in altri settori della legislazione speciale.


Va infine, dato atto che l’art. 96 c. 1 d.lgs. 150/2022 ha previsto che il nuovo istituto

non si applichi ai procedimenti penali per i quali, alla data di entrata in vigore della riforma

(30 dicembre 2022), sia già stata esercitata l’azione penale: si tratta di una previsione

ragionevole, in linea con l’unica fase procedimentale in cui l’istituto è destinato ad operare,

cioè le indagini preliminari e costituente una deroga al principio della lex mitior che è

stata ritenuta ragionevole dal legislatore delegato, in armonia con il giudizio già espresso

dalla Corte Costituzionale in riferimento ad istituti consimili (25).


Conclusivamente, la nuova procedura, al di là degli apprezzabili effetti deflattivi già

sperimentati in altri settori, presenta degli indubbi punti di forza, quali la disciplina

dell’adempimento tardivo e la possibilità di prestare lavoro di pubblica utilità.


Meno apprezzabile è, invece, la scelta del legislatore delegato di confinare queste ultime

alla sola materia delle contravvenzioni alimentari, tanto più a fronte di indicazioni generiche contenute nella legge delega: per tali motivi è possibile che la mancata estensione dei profili innovativi richiamati al settore della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e al penale ambientale possa essere portata all’attenzione della Corte costituzionale (26), così

come quanto la mancata estensione della citata attenuante ad effetto comune.



Note


1 - Cfr. www.eur-lex.europa.eu, “Sicurezza dei prodotti alimentari”.


2 - Cfr. V. Giannoni e A. Giannoni, “Gli illeciti penali in materia di sicurezza alimentare: l’innesto delle norme comunitarie nel sistema giuridico penale nazionale”, in www.giustiziainsieme.it.


3 - Ivi.


4 - Il Regio Decreto n. 7045/1890 “Regolamento speciale per la vigilanza igienica sugli alimenti, sulle bevande e sugli oggetti di uso domestico”, il Regio Decreto n. 45/1901 “Regolamento generale sanitario”, il Regio Decreto n. 1265/1934 “Testo Unico Leggi Sanitarie”, il Regio Decreto n. 3298/1928 “Vigilanza Sanitaria delle carni”, la Legge 30/4/62, n. 283 “Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande” e il suo regolamento di esecuzione approvato con DPR 26/3/80, n. 327.


5 - Che ora, alla lett. b) del comma 1°, prescrive che sia abrogata la "legge 30 aprile 1962, n. 283, recante modifica degli articoli 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande, fatte salve

le disposizioni di cui agli articoli 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 12-bis, 13, 17, 18, 19 e 22".


6 - Cfr. “Misure urgenti sulla disciplina sanzionatoria in materia di sicurezza alimentare, cit.


7 - Originariamente prevista dagli artt. 19 e ss. d.lgs. 758/1994 e il cui ambito applicativo è stato, poi, esteso dall’art. 301 Tusl.


8 - Cfr. Rugani, “L’estinzione delle contravvenzioni “alimentari” nella fase delle indagini preliminari: commento delle disposizioni introdotte dall’art. 70 d.lgs. 150/2022 (“Modifiche alla legge 30 aprile 1962 n. 283”)”, in www.lalegislazionepenale.eu.it, p.3.


9 - Il testo della disposizione infatti, è rimasto identico a seguito delle proposte di modifica elaborate dalla Commissione ministeriale presieduta da G. Lattanzi, nominata dalla Ministra M. Cartabia per la predisposizione di emendamenti al citato d.d.l.


10 - Cfr. Rugani, “L’estinzione delle contravvenzioni “alimentari” nella fase delle indagini preliminari”, cit., p. 2.


11 - Cfr. Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: «Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari», rinvenibile su www.gazzettaufficiale.it, 366. In cui si

dà atto dell’esistenza di autorità amministrative di vigilanza e di corpi di polizia o dei Carabinieri (come i Nuclei Anti Sofisticazione e Sanità - N.A.S.) specializzati nell’accertamento di reati in quegli ambiti.


12 - Il meccanismo estintivo in esame condivide con l’istituto dell’oblazione alcuni presupposti, quali la rimozione delle conseguenze dannose o pericolose e il pagamento di una somma a titolo di sanzione, nonché l’effetto estintivo del reato.

Molte sono, tuttavia, le differenze tra i due istituti, v.Rugani, “L’estinzione delle contravvenzioni “alimentari” nella fase delle indagini preliminari”, cit., p. 4.


13 - Ex multis, v. Cass. 4.10.2007 n. 43825 in CED Cass, m. 238260.

Cfr. Rugani, “L’estinzione delle contravvenzioni “alimentari” nella fase delle indagini preliminari”, cit., p. 4, il quale dà atto dell’esistenza di altre tesi minoritarie, in particolare: una teoria ha proposto la qualificazione in termini di "condizione obiettiva di punibilità intrinseca”, ritenendo necessario, ai fini della rimproverabilità, accertare il dolo o la colpa del contravventore che sia rimasto inadempiente di una o più fasi del procedimento; altra lettura ha ricondotto l’istituto ad una “causa estintiva a formazione complessa”, con la conseguente rilevanza soggettiva dell’adempimento, ex art. 182 Cp, che renderebbe inconferenti eventuali regolarizzazioni ad opera di terzi; infine, un indirizzo ha riconosciuto la natura multiforme dell’istituto, integrando, quest’ultimo una condizione di procedibilità e, al contempo, una causa di non punibilità sopravvenuta estensibile ai concorrenti.


14 - Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, cit., p. 522.


15 - Rugani, “L’estinzione delle contravvenzioni “alimentari” nella fase delle indagini preliminari”, cit., individua quali reati sottoponibili alla disciplina in esame, quelli in tema di “O.G.M.” (d.lgs. 70/2005), “sicurezza alimentare” (d.lgs. 193/1997), “integratori alimentari” (d.lgs. 169/2004), “aromi alimentari” (d.lgs. 107/1992).


16 - In tal senso Rugani, “L’estinzione delle contravvenzioni “alimentari” nella fase delle indagini preliminari”, cit., il quale dà atto che tale conclusione è possibile solo se si riconosce un’autonomia applicativa del “pericolo concreto” nel settore delle contravvenzioni alimentari, non anche se si aderisce all’orientamento dottrinale che, in presenza di una concreta probabilità di danno, rileva invece la prevalenza applicativa, per assorbimento, dei delitti di “comune pericolo mediante frode”, di cui agli artt. 438 e ss. C.p.


17 - Le disposizioni di cui agli artt. 318-bis e ss. Tua, infatti, non prevedono un’espressa scelta in tal senso, sebbene in relazione alle medesime si stata ipotizzata l’applicazione della causa di estinzione alle contravvenzioni a pena congiunta.


18 - Relazione illustrativa cit.


19 - Quanto all’individuazione delle autorità che rivestono la qualifica di “organo accertatore”, si potrebbe guardare alla normativa di cui al d.lgs. 27/2021, emanata in attuazione della legge-delega 4 ottobre 2019 n. 117, che a sua volta si propone l’attuazione delle disposizioni previste dal Regolamento Ue 2017/625, in tema di “controlli ufficiali” (e altre attività) nella normativa sugli alimenti, assumendo, certamente, primario rilievo l’attività di accertamento condotta dai cc.dd. “N.A.S.”, v. . Rugani, “L’estinzione delle contravvenzioni “alimentari” nella fase delle indagini preliminari”, cit., p. 14.


20 - Si pone in tal caso la questione dell’individuazione del responsabile delle violazioni nell’ambito di contesti imprenditoriali, in particolare delle strutture complesse, v.Rugani, “L’estinzione delle contravvenzioni “alimentari” nella fase delle indagini preliminari”, cit., p . 10.


21 - Relazione illustrativa, cit., p. 523.


22 - “L’impossibilità di provvedere al pagamento è comprovata con dichiarazione sostitutiva di certificazione sottoscritta dal contravventore ai sensi dell’art. 46, comma 1, lett. o), del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445”.


23 - “Il ragguaglio ha luogo calcolando 250 euro per ogni giorno di lavoro di pubblica utilità. Un giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione, anche non continuativa, di due ore di lavoro”.


24 - Cfr. Rugani, “L’estinzione delle contravvenzioni “alimentari” nella fase delle indagini preliminari”, cit., p. 24.


25 - Corte cost., ord. 23.12.1999 n. 460.







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