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SEPARAZIONE DELLE CARRIERE: cari colleghi, ma siamo proprio sicuri?

Immagine del redattore: Avv. Andrea GuidiAvv. Andrea Guidi


Sebbene mi senta, un po', un novello Efialte di Trachis, la questione della separazione delle carriere non mi convince del tutto.


A ben considerare, la riforma costituzionale in itinere non opera una cesura tra la funzione giudicante e quella inquirente/requirente ma disegna un sistema del tutto nuovo che prevede la costituzione di due distinti ordini giudiziari dotati delle stesse garanzie di autonomia e indipendenza e governati da due distinti Consigli Superiori della Magistratura.


Solamente la funzione disciplinare sarà esercitata da un organo unitario, l'Alta Corte disciplinare.


Questo nuovo assetto, nelle intenzioni dei proponenti, dovrebbe garantire la terzietà del giudice-giudicante, non più accondiscendente nei confronti delle richieste del pubblico ministero, come sarebbe oggi, a causa del rapporto di colleganza o di un qualche imprecisato timore o benevolenza (la famosa teoria del Giudice Appiattito).


A guardare le statistiche giudiziarie, i giudici, però, non sembrerebbero essere pavidi abitanti di una Flatlandia processuale.


Numeri interessanti, ed anche un po' sorprendenti, a questo proposito, furono forniti dal Primo Presidente della Cassazione, Pietro Curzio, nella relazione sull'amministrazione della Giustizia nell'anno 2022 (Corte_Suprema_Cassazione-Relazione_2021_Primo_Presidente.pdf - vedi pag. 29): "Dalla tabella che segue si evince che a dibattimento circa la metà dei processi che si celebrano con il rito ordinario (50,5%) e oltre i due terzi dei giudizi di opposizione al decreto penale (69,7%) si concludono con una pronuncia di assoluzione. Premesso che da tale percentuale non sono esclusi i procedimenti conclusisi con declaratoria di non doversi procedere (per prescrizione o per altre cause di improcedibilità che non attengono all’infondatezza dell’accusa: ad es. 131-bis cod. pen.), resta significativo l’indicatore che se ne ricava" [il riferimento è all'anno 2018/19 e 2019/20, non dispongo di dati più recenti].


Se veramente i numeri fossero questi, i giudici apparirebbero immuni dalle seduzioni della colleganza ed intenti ad impallinare, in modo salomonico, e a pari merito, le tesi della difesa e quelle dell'accusa.


Ma i sostenitori del nuovo assetto ritengono, in cuor loro, che, in qualche modo, i pubblici ministeri siano pericolosi e vadano depotenziati.


Un po' pericolosi i magistrati requirenti, forse, lo sono per davvero perché, in tasca, hanno le chiavi di accensione del processo, e, entro certi limiti, possono decidere in quale direzione lanciare il carro falcato dell'azione penale.


Ma costituirli in un separato ordine, forse, non è proprio il modo più saggio di infiacchirli e, anzi, in splendido isolamento - che il Cielo ce ne scampi - potrebbero insuperbire e, al riparo dello steccato delle garanzie costituzionali, potrebbero tenere in scacco cittadini, rappresentati degli altri poteri dello Stato e gli stessi ex colleghi giudicanti [amici pubblici ministeri, si tratta solamente di un'iperbole, per favore, non iscrivetemi a mod. 12].


Entia non sunt multiplicanda sine necessitate, e il suggerimento del Maestro Occam andrebbe, forse, anche applicato agli organi dello Stato (andrebbe anche applicato per impedire la proliferazione di nuove ipotesi di reato, ma questa è veramente un'altra storia...).


Forse la mia è solo neofobia e me ne scuso, ma sono affaticato da trent'anni di riforme, di ogni genere, da dover studiare, diligentemente, ogni anno, sotto l'ombrellone.


Sarei però entusiasta di una contro-riforma: cancellare quella norma velenosetta che ci costringe ad elemosinare, in Corte d'appello ed in Cassazione, il diritto di discutere in presenza (siamo avvocati e ci piace discutere in piedi e guardare i giudici in faccia).


Saluti affettuosi








 

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