*Queste "istruzioni per l'uso" per l'esame da avvocato erano state, originariamente, pensate nella prospettiva del parere scritto, caratteristico della vecchia formula dell'esame.
Ho provato a riadattarle alla nuova formula che prevede una prova scritta, consistente nella redazione di un atto giudiziario (probabilmente un atto d'appello, ma chissà...), e una prova orale in tre fasi, la prima delle quali prevede una "discussione di una questione pratico-applicativa, nella forma della soluzione di un caso, che postuli conoscenze di diritto sostanziale e di diritto processuale".
Si tratta, più o meno del vecchio parere scritto, convertito in forma orale.
I consigli fondamentali che infliggo al povero candidato sono due, il primo è facoltativo: nell'esaminare il caso proposto, per fare chiarezza, indossate prima la toga del PM (teorizzando un feroce capo d'imputazione) e poi quella del difensore, tratteggiando una possibile linea difensiva.
Il secondo consiglio, invece, è fondamentale: fate capire agli esaminatori che sapete "pensare da avvocato", non fate un discorsetto che somigli ad una sentenza o a un parerino "pro veritate"; il vostro scopo deve essere escogitare una linea difensiva tesa ad elidere o ad attenuare la responsabilità del vostro assistito: un discorso lealmente "di parte".*
La discussione della questione di diritto penale è normalmente congegnata in questo modo: si immagina che taluno si presenti presso il nostro studio e ci riferisca di un losco fatto occorsogli, chiedendoci a quali rischi giudiziari vada incontro e quali linee difensive possiamo suggerirgli.
Conviene, per maggior chiarezza, che il discorso venga diviso in due distinte sezioni: nella prima si dovrà stilare un ipotetico capo di imputazione, elencando al malcapitato i reati ragionevolmente ravvisabili nelle condotte da lui tenute (nel caso di ipotesi di reato alternative sarebbe bene metterle in ordine di gravità crescente e completarle con le possibili circostanze aggravanti), nella seconda parte si descriveranno le tesi difensive sostenibili in relazione ai reati ipotizzabili, elencate, come negli atti di impugnazione, a partire dalla più favorevole, via via degradando verso le più modeste (in pratica da "il fatto non sussiste" alle "attenuanti generiche" o al “minimo della pena”). E' bene chiarire, comunque, che si tratta di una esposizione a schema libero che ognuno può costruire a proprio piacimento.
Il discorso, approssimativamente, potrebbe funzionare in questo modo: "sulla base dei fatti esposti, è possibile ipotizzare che la Procura, nei fatti, possa ravvisare il reato di … o addirittura del reato di…, nondimeno, dal punto di vista difensivo, invece, appare sostenibile che …, o, in via subordinata, che …".
Trattandosi di un parere orale, l'argomentare dovrà essere chiaro, ancorato al fatto e solidamente basato sulla realtà normativa e sulla giurisprudenza: meglio, quindi, evitare decorativi riferimenti dottrinari o esoterismi giuridici fuori posto (non si dimentichi che il parere è, in teoria, un discorso destinato a chiarire le idee del nostro cliente ed, in realtà, serve a dimostrare agli esaminatori la capacità di articolare un coerente ragionamento difensivo).
Per i meno avvezzi al ragionamento penalistico sarà bene precisare che l'operazione fondamentale cui applicarsi è la “qualificazione giuridica del fatto” che consiste nel ricercare una relazione di identità tra il fatto concreto e la norma incriminatrice.
Quanto al procedimento logico da seguire, è da ricordare che è essenziale un accurato lavoro di comparazione tra il fatto e la fattispecie legale descritta dalla norma: in pratica si tratta di sovrapporre al dato storico il reticolo costituito dal modello ideale di reato tratteggiato dalla norma e di verificare la corrispondenza di ogni elemento dell'uno con l'altro, sia per quanto riguarda l’elemento oggettivo del reato sia per quanto riguarda quello soggettivo.
Anche la mancanza di un solo frammento del "fatto" può costituire una difformità essenziale rispetto al reato-modello previsto dalla norma e può comportare conseguenze radicali come l'insussistenza del reato o consentire la sua derubricazione in ipotesi più lievi.
E' da dirsi che sia il fatto, sia la norma incriminatrice, sono enti variabili: la ricostruzione del fatto, nella sfera processuale, avviene sulla base degli elementi di prova raccolti, cioè di frammenti di realtà che possono essere contestati nella loro validità o possono essere posti a base di diverse ricostruzioni del dato storico; allo stesso modo anche la norma ha un campo di applicazione variabile a seconda della interpretazione datane dalla giurisprudenza.
E' di tutta evidenza che il difensore ha interesse a sottrarre, al fatto, elementi dannosi alla posizione del proprio assistito (la realtà del fatto in sé o un suo elemento essenziale al fine della sua configurazione come reato; la partecipazione del proprio assistito alla commissione del reato o una circostanza di fatto avente valore di aggravante) o ad addizionare al fatto elementi favorevoli quali, ad esempio, situazione od azioni configuranti scriminanti, cause di non punibilità, attenuanti.
Anche l'elemento temporale può avere rilevanza: riuscendo a retrodatare il tempo di commissione del reato si può talvolta ottenere l'applicazione di norme previgenti più favorevoli od una pronunzia di estinzione del reato per sopravvenuta prescrizione (dunque, se la traccia indicasse il "tempus commissi delicti" una ragione ci potrebbe essere).
Nella lettura della norma incriminatrice, il difensore privilegerà interpretazioni che ne restringano il campo di applicazione e, al contrario, ricercherà interpretazioni estensive di norme favorevoli (scriminanti, attenuanti etc.).
Va sottolineato che l'operazione di qualificazione giuridica del fatto operata dal difensore non è operazione neutrale come quella svolta dal giudice o dall'esegeta accademico, è invece un'operazione di natura agonistica, volta a confutare l'equazione fatto-norma sostenuta dall'accusa (da un'accusa immaginaria, nel caso del parere) al fine di escludere od attenuare la responsabilità del proprio assistito.
Base del lavoro difensivo è comunque una lettura accuratissima della norma incriminatrice (note e rinvii ad altri articoli compresi) e di tutte le altre ad essa collegate, ma è necessario anche scorrere almeno gli altri articoli contenuti nello stesso capo (il parere si riferisce in genere a reati previsti dal codice e non da leggi speciali) alla ricerca di attenuanti, cause di non punibilità, reati consimili meno gravi, condizioni di procedibilità, ossia di tutto quel materiale necessario alla costruzione di una ragionevole linea difensiva dal punto di vista del diritto.
E' ovvio, ma comunque opportuno, ricordare che ogni problema giuridico può avere molteplici soluzioni, l'importante è rimanere nell'ambito della ragionevolezza ed argomentare in modo coerente e comprensibile.
Forse non è inutile ribadire che, al candidato, non è richiesto di immaginare una sentenza, ma di tratteggiare una tesi giuridico-fattuale orientata alla difesa dell’ipotetico assistito: l’esaminatore deve capire che, quanto meno, il candidato si è posto il problema della tutela del proprio cliente.
Per i meno addestrati al lessico penalistico le massime di giurisprudenza, riportate dai codici, possono costituire una vera miniera terminologica utile ai fini della esposizione del parere.
Visto che il parere orale postula anche la conoscenza delle norme procedurali, ci si potrà avventurare, ove ne fossero le condizioni, a valutare, in relazione alla posizione del nostro assistito, il ricorso ai cosiddetti riti alternativi (patteggiamento, giudizio abbreviato, messa alla prova etc.).
Per quanto riguarda la redazione dell'atto di appello (in questo può consistere l'atto giudiziario in materia penale), ferme restando le considerazioni circa il procedimento logico da seguire, è da dire che non vi è alcun obbligo di adeguarsi ad un modello prefissato, l'essenziale è che l'atto contenga, oltre ad una esplicita dichiarazione di impugnazione, gli elementi essenziali, prescritti a pena di inammissibilità, dall'art. 581 c.p.p., recentemente novellato: i dati identificativi della sentenza, il giudice che l'ha emessa, i capi o i punti della decisione ai quali si riferisce l'appello, l’indicazione delle prove delle quali si deduce l'inesistenza, l'omessa assunzione o l'omessa o erronea valutazione, le richieste, anche istruttorie, i motivi con l'indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta (e la necessaria sottoscrizione del difensore).
Si ricordi che secondo il novellato art. 581 c.p.p. "L’appello è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi quando, per ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione"; l'appello è, altresì, inammissibile qualora non si alleghi, all'atto di impugnazione, la dichiarazione o elezione di domicilio effettuata dall'imputato ai fini della notifica dell'atto di citazione (in pratica, in calce all'atto di appello bisogna scrivere: "si allega atto di elezione di domicilio (o di dichiarazione di domicilio), da parte dell'imputato".
Non si dimentichi che anche il responsabile civile, e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria possono impugnare le disposizioni della sentenza relative alla responsabilità dell'imputato (vedi art. 575 c.p.p.).
Lo schema ordinariamente seguito, nella prassi, è il seguente (abitualmente l'atto viene intestato al giudice a quo, presso il quale verrà depositato, ma può, anche, essere, indifferentemente, intestato al giudice ad quem):
TRIBUNALE DI ...
in composizione …
Sez….penale
ATTO DI APPELLO
Il sottoscritto avvocato, difensore di fiducia di …, condannato in data … da codesto On. Tribunale, sez. …, (se monocratico, sig. Giudice dott…..) con sentenza in data … (sentenza n°…, R.G. trib. N°…) alla pena di … per il reato di …, dichiara di interporre appello avverso detta sentenza in relazione ai capi riguardanti: la prova della commissione del reato da parte dell'imputato, il mancato riconoscimento della scriminante della legittima difesa anche putativa, la mancata concessione delle attenuanti generiche, la quantificazione della pena; l’appello è proposto per i motivi e seguono:
Il Tribunale avrebbe dovuto assolvere l'imputato per non aver commesso il fatto
Manca del tutto la prova che ………
In subordine, il Tribunale avrebbe dovuto assolvere l'imputato perché il fatto non costituisce reato
Appare comunque evidente come l'imputato abbia agito in stato di legittima difesa…
In estremo subordine il Tribunale avrebbe dovuto concedere all'imputato le attenuanti generiche o comunque contenere la pena entro il minimo edittale
I precedenti dell'imputato ed il leale comportamento processuale giustificano la concessione…
Si insiste pertanto nella richiesta di riforma della gravata sentenza.
Con ossequio.
Luogo e data
Firma del difensore
[Nota: sulla base delle ultime modifiche del Codice di procedura penale solamente il difensore d'ufficio dell'imputato assente è tenuto ad allegare all'atto di impugnazione specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio. V. art. 581 cpp]
Ovviamente il numero delle richieste difensive è variabile (per quanto riguarda i motivi di appello "veri" non bisogna mai dimenticare di richiedere - qualora sia possibile - la riduzione della pena irrogata dal primo giudice, in quanto il giudice d'appello può, anche d'ufficio, concedere sospensione condizionale e non menzione e concedere attenuanti o operare il giudizio di comparazione tra aggravanti ed attenuanti, ma non può, non essendone stato richiesto, operare la semplice riduzione della pena, v. art. 597 c.p.p.).
Come si è detto, è buon uso, sempre, elencare le richieste di riforma in ordine decrescente, dalla più favorevole e risolutiva alla più modesta.
Le richieste di riforma ed in generale le petizioni a carattere difensivo sono, nella prassi, in numero finito, se ne fornisce, di seguito, un elenco approssimativo:
FORMULE ASSOLUTORIE ED ELENCO DELLE PRINCIPALI RICHIESTE DIFENSIVE
Formule assolutorie (si tenga presente che le formule assolutorie sono, in genere, costruzione giurisprudenziale; vedi la giurisprudenza correlate all'art. 530 c.p.p.):
Assoluzione perché il fatto non sussiste: il giudice ritiene mancante la cd. “prova generica”, cioè la prova che quel determinato fatto-reato sia avvenuto (es. l'omicidio non è mai avvenuto) ovvero ritiene il fatto mancante di un elemento oggettivo essenziale (es. manca la condotta, il nesso di causalità o l'evento). (Nota: per brevità ci si riferisce alla mancanza di prova, ma ai fini della sentenza di assoluzione tale mancanza è equivalente alla sussistenza della prova contraria ed anche alla contraddittorietà o insufficienza della prova positiva, v. art. 530 c.p.p.).
Assoluzione per non aver commesso il fatto: il giudice ritiene sussistente la “prova generica”, ma mancante la “prova specifica”, cioè la prova che l'imputato sia l'autore del reato: il fatto-reato è avvenuto ma non è provato che l'imputato lo abbia commesso.
Assoluzione perché il fatto non costituisce reato: il giudice ritiene l'insussistenza dell'elemento soggettivo del reato (art. 43 e seguenti c.p.) o la presenza di una causa di giustificazione (es. l'omicidio è avvenuto, l'imputato lo ha commesso ma in assenza sia di dolo che di colpa; oppure: l'imputato ha agito in stato di necessità o di legittima difesa).
Assoluzione perché il fatto non è (più) previsto dalla legge come reato: formula adottata in caso di abolitio criminis.
Dichiarazione di non punibilità: il giudice ritiene l'imputato incapace di intendere o di volere (v. art. 85 e seguenti cp) o non punibile per un'altra ragione (v. artt. 308, 309, 376, 384, 387, 463, 598, 599, 649 c.p.). Non si trascuri l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, art. 131 bis c.p.
Non doversi procedere per estinzione del reato: il giudice dichiara l'estinzione del reato qualora sia intervenuta una causa estintiva: la morte del reo (rectius: dell'imputato), la prescrizione del reato, l'amnistia, la remissione della querela, l'oblazione, il perdono giudiziale etc. (art. 150 e seguenti cp). Si tenga presente anche la nuova causa di estinzione del reato: le condotte riparatorie di all’art. 162 ter c.p.
Non doversi procedere perché l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita: il giudice dichiara improcedibile l'azione penale qualora constati il difetto della necessaria condizione di procedibilità (querela, richiesta o autorizzazione, art. 336 e seguenti cpp). (Nota: la dichiarazione di improcedibilità è spesso conseguenza di una derubricazione da reato procedibile d'ufficio a reato procedibile a querela, es.: il giudice, derubricata l'estorsione in esercizio arbitrario delle proprie ragioni, dichiara l'improcedibilità dell'azione per omessa proposizione di querela).
Altre richieste difensive:
Derubricazioni: il giudice ritiene erronea l'originaria qualificazione giuridica del fatto e riconosce l'imputato responsabile di un'ipotesi di reato meno grave; la derubricazione può essere relativa agli aspetti oggettivi del reato (es. rapina derubricata in furto con strappo, concussione in corruzione etc.), quanto ai suoi aspetti soggettivi (omicidio derubricato in omicidio preterintenzionale); le derubricazioni possono aprire la strada a dichiarazioni di estinzione del reato (ad esempio il reato meno grave può rientrare tra quelli oggetto di amnistia o può avere termini prescrizionali più brevi) o, come si è visto, a dichiarazioni di improcedibilità o può consentire al condannato di giovarsi di indulto, misure alternative od altri benefici e comunque di una pena più lieve.
Tentativo: il giudice ritiene il reato (delitto) non consumato ed applica le relative diminuzioni di pena ( art. 56 e seguenti c.p.), si tratta di una forma particolare di derubricazione.
Continuazione (ed altre norme sul concorso dei reati): il giudice ritiene i reati contestati all'imputato esecutivi di un medesimo disegno criminoso ed applica la disciplina sanzionatoria di cui all'art. 81 capoverso c.p. (Nota: la continuazione è il caso più ricorrente, nella pratica, di norma sul concorso dei reati che incide sulla quantificazione della pena, ma non bisogna trascurare di considerare le altre norme in materia che sono foriere di benefici per il condannato: la norma sui limiti degli aumenti di pena, art. 78 e seguenti, quella sul concorso formale, art. 81 primo comma, le norme sul reato aberrante, artt. 82 e 83, la norma sul reato complesso, art. 84, e il più generale principio di specialità, art. 15; l'applicazione di queste ultime disposizioni può portare il giudice, nel caso di concorso apparente di norme, a ritenere l'imputato responsabile del solo delitto ritenuto assorbente facendolo salvo da una ingiusta moltiplicazione di sanzioni).
Attenuanti: il giudice ritiene di applicare una o più circostanze attenuanti, ritenute prevalenti od equivalenti rispetto alle eventuali aggravanti, ed opera le relative diminuzioni di pena (si tengano sempre ben presente le norme in tema di concorso di circostanze, artt. 69 e 69 bis cp).
Da non trascurare sono le attenuanti relative al concorso di persone nel reato di cui agli artt. 114 e sgg. c.p.
Sospensione condizionale e non menzione della condanna: (artt. 163 e 175 c.p.).
Entità della pena: il giudice, visti i canoni di cui all'art. 133 c.p., ritiene di irrogare la pena edittale minima (o la sola pena pecuniaria) o comunque una pena mite.
Sanzioni sostitutive: il giudice ritiene di sostituire la pena detentiva con una delle pene previste dalla legge 24.11.81, n. 689 (vedi art. 545 bis c.p.p.).
Richieste relative all'azione civile: il giudice ritiene di non condannare l'imputato al risarcimento del danno, di non concedere provvisionali etc.
Nota: L'atto di appello può contenere anche richieste di annullamento della sentenza o di sue parti (art. 604 c.p.p.), o l'impugnazione di ordinanze emesse nel dibattimento (art. 586 c.p.p.).
Gentleman's agreement: i "suggerimenti" possono essere liberamente riprodotti, purché in forma integrale e citandone la fonte. Ogni osservazione, suggerimento o segnalazione di errori sarà benvenuta.
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