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Immagine del redattoreAvv. Andrea Guidi

UNA LEGGE ANTI-RAVE NELLA ROMA DEL II SECOLO a.C.: il Senatus consultum De Bacchanalibus


Il Senato della Roma repubblicana del II secolo produsse una legge che può essere considerata un'autorevole antesignana della attuale norma a contrasto del fenomeno dei rave-party: allora furono gli eccessi (e i presunti crimini) dei seguaci del culto di Dioniso, importato dalla Magna Grecia e dall'Etruria, a causare la reazione del legislatore e una dura stretta repressiva.


In origine, il culto di Dioniso-Bacco, a Roma, si teneva, di giorno, tre volte l'anno presso il il bosco di Stimula, sull'Aventino, ed era riservato a rispettabili matrone romane, ma in seguito, Annia Paculla, una sacerdotessa di origini campane, riformò il culto sul modello etrusco ed ammise gli uomini ai rituali che incominciarono ad essere più frequenti e celebrati di notte.


Da quel momento si diffuse la voce che quelle riunioni, i bacchanalia, fossero diventati teatro di ogni nefandezza e gli iniziati al culto furono visti come appartenenti ad una setta criminale pericolosa per la sicurezza dello Stato Romano .


Nel 186 a.C., una iniziata al culto di Bacco, la liberta Ispala Fecenia, insieme al suo amante Publio Ebuzio, rivelò al console Spurio Postumio Albino i crimini della setta che furono portati a conoscenza del Senato.


Narra Tito Livio: " E non era solamente uno il genere di colpa, le violenze colpivano senza distinzione uomini liberi e donne; ma si usavano anche falsi testimoni, falsificazione di sigilli, testamenti e prove uscivano dalla stessa bottega, e sempre da lì avvelenamenti e uccisioni familiari, talmente segrete che talvolta non rimanevano neppure i corpi per la sepoltura. Molto si osava con dolo, di più con la violenza".


Il Senato, per iniziativa di Marco Porcio Catone (avversario della ellenizzazione dei costumi, vista come un fattore di corruzione dei cittadini romani), emise un senatoconsulto, il Senatus consultum de Bacchanalibus, con il quale fu vietato il culto bacchico e ordinata la distruzione dei templi, la persecuzione dei capi e degli adepti, la confisca dei loro beni.


Il culto fu proibito anche nelle città federate e una copia di esso ci è giunta incisa su una lastra di bronzo rinvenuta a Tiriolo, in Calabria.


Gli accusati furono oltre 7000 e molti, ritenuti responsabili di gravi delitti, furono messi a morte.


In effetti, i rituali dionisiaci presentava tratti inquietanti e orgiastici difficilmente accettabili da parte dei severi cittadini romani dell'età repubblicana: il culto, nella sua forma originale, era principalmente riservato alle donne che, invasate dal "furore del dio", raggiungevano stati di estasi favoriti dal vino, sembra, dall'uso di un'edera allucinogena, e dal ritmo ossessivo del ditirambo, il canto corale dei partecipi al tiaso, il corteo in onore del dio.


La commistione di musica fortemente ritmata e di estasi chimica avvicina in modo sorprendente il rito antico allo sballo contemporaneo e la coincidenza non può non far pensare ad una segreta, costante, attitudine (dionisiaca) della mente umana.


Tornando al presente, è una buona notizia apprendere che anche il Ministro dell'Interno si sia detto favorevole a modificare, in sede di conversione, il decreto legge anti-rave, soprattutto mitigando le pene e tipizzando in modo più preciso le condotte incriminate: i ragazzi che partecipano a queste feste non meritano la severità draconiana di un nuovo senatoconsulto. Il sequestro dei loro amplificatori, sì.




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